LA DIMENSIONE DELLA SOGLIA: IL VUOTO E IL SILENZIO NECESSARI
“Absence, the highest form of presence.”
(James Joyce)
Carmen Decembrino - Giugno 2020
L’educazione alla sottrazione è una di quelle materie imprescindibili per riuscire ad apprezzare ciò che la mancanza, mutuata nell’assenza, ci ha narrato nei giorni del vuoto e del silenzio necessari. La percezione di una nuova dimensione del vissuto e del sentire che ha accompagnato il lockdown, ci ha restituito il tempo dell’attesa coinciso, inconsapevolmente, con un metaforico quanto obbligato ritorno a noi stessi. Entrati in risonanza con la fragilità, che ci ha consegnato un nuovo diktat, legato all’ascolto del silenzio e alla percezione del vuoto, ci siamo resi conto di quanto essa si sia rivelata più forte della forza stessa.
Questa percezione delle cose, si è fatta presenza consapevole, di ciò che in realtà è sempre stato sotto i nostri occhi, grazie alla condizione inedita che abbiamo vissuto. Architetture altre hanno così cominciato ad abitare il nostro immaginario, partendo da nuove geografie emozionali che sono andate costituendosi dinanzi ai nostri occhi naturalmente. Le trame del vissuto, metafore spaziali dell’insieme dei luoghi in cui si costruiscono i ricordi, le relazioni e la vita stessa, sono venute a sovrapporsi continuativamente nelle loro differenti accezioni attraverso diversi piani di indagine, fino a confondersi. Quello immateriale, è sublimato nel viaggio dell’esistenza umana, dove percorrere nuove strade assurge al cambiamento come opportunità, e quello prettamente materiale è divenuto prefigurabile attraverso il tema della soglia, come suggerito da Walter Benjamin.
Il raccogliersi domestico, rifugio dove recuperare il piano della percezione del limite tra l’interno e l’esterno, ci si è paventato dinanzi come un confine effimero e non una netta linea di demarcazione tra la presenza e l’assenza, la realtà e l’irrealtà, come suggerito da Bachelard, una porta di accesso a mondi altri, una nuova occasione per ripensare al quotidiano attraverso la porta dell’immaginazione, per riabitare il mondo partendo dalla rêverie, recuperando quello sguardo sensibile e attento sulle cose che ci permetterebbe di vivere in maniera autentica le mutate declinazioni dei nuovi paradigmi dell’abitare che ci sta consegnando il tempo sospeso della riflessione.
Rivendicando il diritto alla disconessione, se non alternata ad una vera e non liquida socialità, come suggerisce Baumann, la nostra dimensione pubblica ha invaso lo spazio intimo e privato delle nostre case, favorendo l’ibridazione di nuovi scenari che viaggiano tra infinite possibilità. Uno spazio riconfigurabile e fortemente adattivo, in quest’ottica, diviene, dunque, la traduzione perfetta del desiderio di isolamento all’interno dello spazio domestico che non passi esclusivamente per la possibilità del lavoro in studio, ma si declini in una forte attenzione alle esigenze dell’utenza nel tempo. Appare necessario, inoltre, che le forme dell’attraversamento smaterializzino i limiti tra gli edifici e lo spazio pubblico, ponendosi in dialogo continuo con il progetto del vuoto e del verde ancor più in questo momento, poiché assumono fondamentale importanza per ripensare il concetto di distanza a scala architettonica e urbana, presupponendoli come caratteri strutturanti e ibridanti per gli spazi di relazione tra gli utenti e le loro delicate trame esistenziali.
Il silenzio e il vuoto necessari, dunque, prefigurati nella dimensione del tempo, come materiali imprescindibili per la progettazione di nuove possibilità sensibili ad un profondo e autentico benessere umano, affinché il distanziamento sociale e la sua prossemica, ci spingano ad essere gli architetti di un nuovo spazio liminale dove possa essere nobilitato il quotidiano senza estremi sensazionalismi.
La dimensione della soglia, come spazio ibrido della memoria collettiva e dell’intimità tra il pubblico e privato, in cui ricreare quelle scenografie e atmosfere suggerite dalla poetica della rêverie possibile in uno spazio altro della non comune percezione delle cose, in cui da abili fotografi del prefigurabile, ma del non ancora esistente, riuscire a cogliere suggestioni sensibili per materiali edificabili nel tempo all’insegna di un impero delle luci magrittiano dove possano confluire e coesistere opposte dialettiche e elementi apparentemente contraddittori, realizzando connubi inimmaginabili al di là della semplice retorica.
Carmen Decembrino - Architetto & Visual Designer
#pensierieprogettidipersonecuriose