Mauro Ferrari - Giugno 2020
Cosa rimarrà di questo tempo…
Il reale è nel microcosmo domestico. Non riesco a non pensare a chi dispone (ha potuto disporre) di spazi aperti in cui muoversi, camminare, coltivare; e a chi invece ha visto acuirsi difficoltà, tensioni (la didattica a distanza non è per tutte/i, e poi le violenze domestiche, gli spazi compressi per i più piccoli, le solitudini per gli anziani). Eppure. Eppure si sono mobilitate energie belle, collaborazioni, generosità, una mobilitazione silenziosa e solidale che ha superato la via stretta in cui ci eravamo ritrovati e messo in moto creatività inattese. Sembra una riproposizione del gioco creativo dell’OULIPO, scandito dal motto “siamo come quei topolini che costruiscono il labirinto da cui cercano di uscire”. Perché nella consapevolezza del limite, o nel limite all’onnipotenza presunta, risiede una risorsa per la creatività (per loro, Calvino, Perec, Queneau, erano limiti autoimposti, regole grammaticali; per noi, una sorta di allenamento imprevisto). Ecco, allenarci all’imprevisto re-inventando(ci). A questo, forse, ci è servito questo tempo sospeso. Con tutta la sua ambivalenza (altra risorsa disponibile, l’ambivalenza).
Ah, il telefono, il web. Non oso immaginarmi senza. Schiavitù? Opportunità? Compagnia! Quanti messaggi, telefonate, skype-call. Ho scoperto che è possibile insegnare online (terribile, ma possibile), ho potuto seguire lezioni, convegni (pardon, webinar), essere contemporaneamente a Venezia e Lugano, Firenze e Cremona, in pianura e sull’appennino; senza muovermi (beh, certo, mi mancano le camminate). Risparmio energetico, decisamente green; perdita di contatto fisico, e a questo non c’è rimedio. Però ho potuto, nei tempi dilatati della chiusura-clausura, ristabilire priorità, lanciare messaggi, stare vicino a chi era fragile; sono perfino diventato “badante”. Tolto di mezzo il tempo delle corse, ecco affacciarsi, paradossalmente, una “prossimità senza vicinanza fisica”, come la chiamano gli amici di Parma.
Il deficit di socialità ci scatenerà? A me piace pensare che potremmo coglierne il senso, e moltiplicare spazi e tempi dolci, lenti. Riprovare a dare corpo agli insegnamenti di Alex Langer, ascoltare le voci dei FfF (Five for Future), rivestire di importanza incontri che potremmo non ritrovare. Riscoprirci fragili. O, per meglio dire, “antifragili”, disponibili alla trasformazione.
Siamo disposti ad accettare la sfida del green new deal o saremo ancora schiavi del vecchio modello di sviluppo? Non ci ricapiterà un’opportunità come questa, di disporre di enormi finanziamenti pubblici per aprirci ad una idea di convivenza fra gli esseri umani e fra questi e l’ecosistema di cui sono ospiti; in termini meno aulici, per uscire dalle secche del neo liberismo (e della sua variante peggiore, il sovranismo protezionista) che ha contribuito a devastare l’ecosistema e ad accettare invece di diventarne abitanti, ospiti, degni di questo nome.
Mauro Ferrari - Sociologo, esperto di botanica sociale e di ecologia delle migrazioni, docente di Progettazione Sociale presso Master Immigrazione Fenomeni migratori e trasformazioni sociali. Università Cà Foscari, Venezia
#pensierieprogettidipersonecuriose